Titolo originale: Huesera
Paese di produzione: Mexico
Anno: 2022
Durata: 1h 37min.
Genere: Horror, Psicologico
Regia: Michelle Garza Cervera
“Il treno stava per passare”
“Ma i bambini non ti sono mai piaciuti!”
“E aspetta il parto: ti sembrerò che le ossa si stiano spezzando”
Ecco un campionario di frasi che ogni donna sulla trentina si è sentita rivolgere, esattamente come Valeria… e probabilmente è successo anche alla regista ed alla sceneggiatrice, entrambe in quella fascia d’età “cruciale” in cui i discorsi – specie col parentame vario – finiscono per parare sul discorso maternità.
Chi si approccia a Huesera pensando di vedere un horror puro rimarrà probabilmente molto deluso: il film analizza in realtà, in salsa splendidamente messicana, l’inadeguatezza che ogni donna che si accinge ad avere un figlio ha prima o poi provato… inadeguatezza che in Valeria si amplifica a dismisura a causa del suo substrato non proprio lineare, sul quale la regista si sofferma di tanto in tanto con qualche flashback. Un body horror, forse, in qualche modo: innanzitutto per quanto la gravidanza tenda a cambiare il corpo della donna ma, soprattutto, per le continue visioni della futura mamma… corpi senza volto che, muovendosi a scatti, mostrano fratture esposte a causa di cadute o movimenti totalmente innaturali. E qui ci ricolleghiamo al titolo: la Huesera (parola che non viene MAI pronunciata durante il film, perché anche solo il parlarne è foriero di sventure) è una donna del folclore messicano che vaga nel deserto, dissotterrando ossa per completare uno scheletro, terminato il quale compirà un rituale per fargli prender vita. Alcune di queste visioni sfruttano qualche cliché visivo già sfruttato altrove (e a questo mi riferivo avvertendo chi si aspetta un “semplice” horror) ma la chiave sta nella protagonista – e nella bravissima Natalia Soliàn, al suo primo ruolo, che la interpreta – e nel suo progressivo crollare dal punto di vista psicologico. Valeria ha una bella casa, un compagno amorevole e, finalmente, la maternità tanto desiderata… ma sarà stata realmente desiderata o in qualche modo imposta dalla società? Frugando nel suo passato, scopriamo che era una punk, che aveva una fidanzata e che era lontanissima dallo sposare i parametri della vita borghese, con le sue tappe molto simili a delle caselle da spuntare per potersi sentire “realizzata”. La frattura – quella più intensa – è proprio in lei, che non riesce a districarsi con disinvoltura tra culle e aspettative degli altri ed il volersi conformare a tutti i costi la uccide. Alcune sequenze sono davvero agghiaccianti dal punto di vista psicologico: come quando, nonostante la diffidenza di tutti, si offre di guardare i nipoti per una sera o, peggio ancora, quando la piccola vedrà finalmente la luce. L’incubo del sentirsi inadeguate e quello della sempre poco citata depressione post-partum, superano di gran lunga ogni ossa frantumata (per quanto, se siete sensibili al frantumarsi ed al fuoriuscire delle ossa, questo film è ovviamente sconsigliato!).
Chiude il film un bellissimo, inquietante e catartico esorcismo… con una sequenza da incorniciare, specie per una regista al suo esordio. Ah, ovviamente, la catarsi è decisamente soggettiva.
[Recensione tratta dalla ‘tana del gatto malato’, Catsick’s lair]
…a cui aggiungo un plauso alla bellissima colonna sonora del film. In una scena verso l’inizio del film, la protagonista sfoggia una magliettina dei Cure con un sottofondo di una band che pare un po’ i Diaframma messicani.
Di seguito segnalo qualche pezzo tratto dalla OST.
Delirios Krónicos – Danza Ondulante