Titolo originale: Pamyo
Paese di produzione: Corea del Sud
Anno: 2024
Durata: 134 min.
Genere: Drammatico, Thriller, Horror
Regia: Jang Jae-hyun
Dopo aver assistito a una serie di eventi paranormali, una ricca famiglia coreana che vive a Los Angeles contatta una giovane coppia di sciamani, Hwa-rim e Bong-gil, per salvare il loro figlio neonato. Hwa-rim sente che l’ombra oscura di un loro antenato si è attaccata alla famiglia. Per liberare l’antenato dalla maledizione, Hwa-rim chiede aiuto a un geomante di prim’ordine, Sang-duk, e all’impresario di pompe funebri Young-geun. L’esumazione, però, scatena una forza malevola sepolta in profondità.
È un buon film Exhuma, anche se alla fine assume più i contorni di un promettente pilot. E così, più che delle cose che ci sono, resta il retrogusto un po’ amaro per quelle che mancano, in primis quella giusta spietatezza che il film di Jang Jae-hyun sembrava promettere. Più della cesura un po’ troppo netta tra le due parti, ovvero l’esumazione del nonno rancoroso e quella successiva e non preventivata del feroce militare giapponese, a stonare è l’improbabile tana libera tutti che indebolisce la narrazione ma che potrebbe tornare ovviamente molto utile in prospettiva produttiva futura.
Oramai legato al fertile immaginario delle pratiche occulte, con tutto il portato estetico, cromatico e musicale del folklore coreano ad aggiungere fascino e spettacolarità, Jang Jae-hyun può permettersi di tenere alta l’asticella produttiva: non a caso, dopo gli ottimi riscontri di The Priests (2015) e Svaha: The Sixth Finger (2019), per Exhuma può contare sulla trainante presenza di Choi Min-sik (Old Boy, I Saw the Devil) e di un cast all’altezza. Vale la pena sottolineare l’ennesima convincente performance di Yoo Hae-jin, caratterista dalla corposa filmografia, in grado di muoversi senza affanno tra generi e ruoli. Uno dei volti storici della new wave sudcoreana, fin dai tempi di Attack the Gas Station (1999).
Proprio un horror purtroppo misconosciuto dei primi anni della new wave, The Uninvited (2003) di Lee Su-yeon, ci ricorda quanto fossero più spietate e crudeli le pellicole di quel periodo, prive di paletti che oggi sembrano invalicabili – sì, ci riferiamo al pacioso neonato e al suo disneyano destino. Senza tornare troppo indietro nel tempo, anche il notevole The Wailing (2016) di Na Hong-jin offre buone prospettive di lettura per Exhuma, per questo orrore ovattato, per lo sguardo sulle superstizioni, sul folklore, sul nemico nipponico, sul peso e sugli strascichi della Storia. Con il sanguinario spirito del Sol Levante a menar disumani fendenti, non così dissimile dai soldati romani dell’indie Morituris, il film di Jang può quantomeno allargare sguardo e discorso: non solo l’implacabile sete di sangue nipponica, ricordo terribile di un passato per fortuna sepolto, ma anche l’irrisolta questione Nord\Sud, una ferita che qui trova una sua dimensione anche geologica. Uno dei passaggi più interessanti e suggestivi del film, a braccetto con le spettacolari sequenze che accompagnano l’esumazione e i vari riti.
Un po’ ghostbusters e un po’ avengers, i quattro cavalieri dell’occulto lasciano aperta la porta a una successiva (dis)avventura, un po’ come la coppia sbanca box office Ed & Lorraine Warren – The Conjuring e tutto quel che segue. Vedremo se l’intenzione di Jang e della Showbox è di ripercorrere il dorato percorso tracciato da James Wan e Peter Safran.
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