Titolo originale: Dealer
Nazionalità: Ungheria
Anno: 2004
Genere: Drammatico
Durata: 130 min.
Regia: Benedek Fliegauf
Tra le vie di una città fantasma si snoda la giornata di un “dealer” di stupefacenti: fra i clienti che si recano a “visitarlo” ci sono il guru di una setta religiosa, un amico che ha bisogno dell’ultimo buco, un’anziana donna con un bambino, uno studente, un venditore al mercato nero…
Per buona parte della sua durata Dealer (2004) non nasconde una struttura equiparabile a quella del suo predecessore Rengeteg (2003); nuovamente ci troviamo al cospetto di un procedere aneddotico che incornicia situazione dopo situazione, e con agghiacciante distacco, una voragine incolmabile che i protagonisti di questa danza macabra tentano di riempire con quella droga di cui sono inevitabilmente dipendenti. Grazie alla capillare presenza delle sostanze c’è quindi un fil rouge di maggior spessore che condensa gli stralci delle vite ectoplasmiche circuite da un Fliegauf funereo, il vincolo delle persone nei confronti degli stupefacenti non conosce morale né classe sociale e men che meno affetto personale, come una mannaia il regista magiaro apre il sipario su una specie di sacerdote che sta crepando fra atroci sofferenze a causa di complicazioni derivanti dalla sua astinenza: è un campanello d’allarme da non sottovalutare perché se anche una guida religiosa è succube della cocaina allora anche le sue pecorelle smarrite in una metropoli di cemento e pozzanghere scambiate per tombe su cui versare le proprie lacrime non potranno avere vizi tanto diversi. È un’umanità in trance lisergica quella raccontata da Fliegauf dove uomini e donne hanno perso qualunque valore (persino la genitorialità biologica svenduta per un po’ di roba), e quindi sogni, desideri, ambizioni e compagnia bella; il grigiore esterno ed interno spadroneggia incontrastato e nel seguire la giornata tipo del pusher-ciclista si aprono le porte di un limbo che risucchia avidamente ogni segno di bontà (la bimba, figlia di una eroinomane, che ha capito tutto) e lascia soltanto l’indescrivibile morfologia del nulla.
I detrattori ancorati ad un cinema algoritmico potranno attaccare l’ingiustificata posizione di alcune tessere che risultano effettivamente ininfluenti nel disegno generale e che di conseguenza appesantiscono un minutaggio abbastanza corposo, pensiamo alla scenetta della studentessa di matematica con l’amica catatonica e paralizzata nella vasca da bagno, alla baruffa nel tipico magazzino/retrobottega occupato da ceffi con cui solo uno spacciatore può avere a che fare, alla parentesi sulla riva sabbiosa del fiume o all’amico che si rivede giocare a basket in un vecchio video alla tv, tutti frammenti privi di un seguito che se aggiunti ad un’imperterrita dilatazione temporale potranno far sbadigliare le platee paraocchi-munite, ma voi, che come il sottoscritto amate quel cinema non omologato che si emancipa dal comune vedere, apprezzerete senz’ombra di dubbio lo sminuzzamento narrativo poiché magistralmente ricondotto da Fliegauf in una dimensione artistica eticamente coerente alla propria forma: ogni segmento contempla morbidi movimenti della mdp che abbracciano circolarmente gli attori in scena cingendoli in avvolgenti spirali di assoluta sospensione (ciò rappresenta un netto distacco rispetto a Rengeteg dove Fliegauf si spostava nevroticamente da un primo piano all’altro); a corredare la ripetizione delle manovre registiche ci pensa un impianto audio tremendamente angoscioso, una frequenza, un lamento continuato rassicurante tanto quanto l’eco notturna di un qualche sinistro rumore che puntualmente ribadisce l’ignota origine. È nel come che risiede l’entità di Dealer, Fliegauf ha portato a compimento la missione di conficcare il mood della disperazione non solo su un nastro di triacetato di cellulosa ma anche nelle nostre pupille.
Menzione speciale per la grandiosa ritirata visiva che chiude il film dove una fonte di luce che più artificiale non esiste diventa il piccolo astro di un sistema stellare, con tanto di pianeti che gli orbitano attorno, prossimo ad un definitivo Big Crunch che lo renda polvere infinitesimale nello sterminato buio intergalattico.
Recensione: pensieriframmentati.blogspot.it