BROKEN RAGE (SubITA)

Titolo originale: Broken Rage
Paese di produzione: Giappone
Anno: 2024
Durata: 62 min
Genere: Commedia, Drammatico
Regia: Takeshi Kitano

Ventesimo lungometraggio diretto da Takeshi Kitano, Broken Rage sembra un punto d’incontro tra le follie demenziali di Getting Any? e la riflessione teorica di Glory to the Filmmaker!; un film doppio, in cui la seconda metà ridicolizza volutamente la prima, svelandone la radice farsesca. Eiga e si rivelano come stessa faccia della medaglia, in un apoteosi che riporta alla sublime degli albori del cinema. Fuori concorso a 2024.

Lotta senza codice di genere
Broken Rage è un film in due parti del leggendario regista Takeshi Kitano. La prima metà è un violento film d’azione che si svolge negli oscuri bassifondi della malavita e ruota attorno a un sicario e alla sua lotta per la sopravvivenza quando si ritrova incastrato tra la e la yakuza. La seconda segue la stessa storia, ma trasformata in commedia, una parodia completa, scena per scena, della prima parte. [sinossi]

Si sa da oltre centosettanta anni, dall’incipit de Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, come la storia ami ripetersi sempre due volte, la prima come tragedia e la seconda come farsa. Nell’annotare ciò Karl Marx prendeva spunto da una speculazione di Georg Wilhelm Friedrich Hegel che faceva riferimento al fatto che i grandi personaggi della Storia tendano a ripetersi per l’appunto due volte. Non c’è dubbio che Takeshi Kitano sia uno dei grandi, grandissimi personaggi della storia del cinema contemporaneo, e per quanto sia arduo rintracciare detriti marxiani all’interno della sua opera – forse la follia trita-generi di Zatoichi, in cui la cappa e spada si trasforma in zappa e spada, ma non si tratta di una rilettura in chiave proletaria quanto semmai di un sentito omaggio ad alcuni dei topos del chanbara e del jidai-geki, a partire ovviamente dal Kikuchiyo de I sette samurai – la massima del filosofo tedesco sembra applicarsi alla a Broken Rage, calembour composto di immagini in movimento che ha fatto la sua apparizione negli ultimi giorni della Mostra Internazionale del cinema di Venezia, relegato com’è fin troppo facilmente intuibile fuori dalla competizione. Un che la ventesima regia per il cinema di Kitano ha condiviso con la crème de la crème del parterre lidense, da Harmony Korine a Claude Lelouche, da Fabrice du Welz a Kevin Costner, da Lav Diaz a Francesca Comencini, fino ad arrivare al conterraneo Kiyoshi Kurosawa; una vera e propria contro-programmazione che però per molti è passata sotto silenzio, visto che l’epicentro d’interesse per la stragrande maggioranza di media e addetti ai lavori è relativo al solo concorso internazionale. Ecco dunque che questo leggiadro scherzo kitaniano, che si scrolla di dosso le geniali ponderosità storiche di 首 (vale a dire Kubi) per tornare una volta di più a quel sottobosco che è poi la sua terra d’elezione, quella in cui si forgiò esordendo quasi involontariamente con Violent Cop trentacinque anni fa.

Guarda anche  EDO PORN (SubITA)

Torna la dunque, perché il personaggio interpretato dallo stesso Kitano è un sicario che riceve con puntualità in un bar una busta contenente i nomi delle persone da freddare, operazioni da tran tran quotidiano che porta a termine senza alcuna difficoltà, e ancor meno senso di colpa. Questo però fino a quando non viene colto in flagrante dalla polizia, che gli propone però un patto: sarà libero, e posto sotto l’anonimato dei collaboratori di giustizia, se accetterà di infiltrarsi in una banda smascherandola dall’interno. Senza neanche pensarci troppo il sicario accetta. Questa trama, ultra-basica e perfettamente in linea con la prammatica del genere, è trasformata in immagini da Kitano in una forma del tutto facile da decrittare, immediata, persino all’apparenza semplicistica in alcune scelte. Ed è qui che si inizia a cogliere l’urgenza di Broken Rage: la è “spezzata” (e dunque depotenziata, se non addirittura rimossa) perché la storia non può che ripetersi due volte. E se la prima delle due occasioni non si è raggiunta la marxiana tragedia, la farsa invece può dirompere con tutta la sua forza deflagrante, distruttiva. Come una slavina Kitano torna al ghigno demenziale dell’infingardo, reietto perché troppo presto dimenticato e incompreso Getting Any?, e utilizza la seconda metà di un film di suo già inusitatamente breve (appena un’ora di durata) per riflettere ciò che è accaduto nella prima parte ricorrendo a una lente deformante. Sequenza per sequenza, inquadratura per inquadratura, Broken Rage rifà se stesso, ma invece della cornice da yakuza eiga stavolta ci si muove nei territori del comico, dello slapstick, della pura demenza, e così il film diventa una commedia spassosa, a tratti così tanto oltre i limiti del buonsenso logico da mostrarsi perfino al di là del comico, quasi si percorresse un ambiente astratto. Riemergono nella memoria le riflessioni sulla macchina-cinema che Kitano affrontò sia in Takeshis’ (dove a essere messa alla berlina era la sua stessa maschera attoriale) che ancor più nel miracoloso Glory to the Filmmaker!, entrambi visti sempre al Lido durante l’era mülleriana.

Guarda anche  RED RIDING TRILOGY (SubITA)

Per Kitano la violenza “seria” e quella “ridicola” sono due facce della stessa medaglia, vale a dire quella di un cinema che ha come proprio compito primario e ineludibile la destabilizzazione dello sguardo, la rimessa in dubbio di ogni certezza tanto dello spettatore quanto dell’industria che sugli occhi del pubblico – e sulle sue abitudini – fonda il proprio impero economico-culturale. Ne viene fuori l’ennesima lezione di anarchia concettuale di un regista sempre in grado di mettersi in gioco, di edificare un monumento a se stesso demistificandone l’immagine di proposito, e dunque rendendola sempre meno terrena, sempre più universale. La maschera come emblema della finzione, e dunque nella sua prospettiva storica della “verità”. In un’ora Kitano ha la capacità di orchestrare una danza folle con momenti di sublime comicità – il gioco delle sedie… – e di ricordare come una risata sia il primo scoppio di una rivoluzione, e al contempo della sua eterna restaurazione. Avrebbe meritato il concorso? Certo, ma di questi tempi mediocri e privi di senso sarebbe rimasto incompreso, forse rischiando perfino i fischi.

quinlan.it

By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Related Posts