BAREFOOT GEN I & II (SubITA)

Titolo originale: Hadashi no Gen
Nazionalità: Giappone
Anno: 1983
Genere: Animazione, Biografico, Drammatico
Durata: 83 min.
Regia: Mori Masaki

Titolo originale: Hadashi no Gen 2
Nazionalità: Giappone
Anno: 1986
Genere: Animazione, Biografico, Drammatico
Durata: 85 min.
Regia: Toshio Hirata

Barefoot Gen è un film di guerra. La dei civili, della popolazione, delle città. Dei bambini. È un film di guerra come Una tomba per le lucciole di Isao Takahata, anche se l’approccio è differente, le traiettorie sono diverse. Alla tragica circolarità narrativa di Takahata, Barefoot Gen contrappone il cammino di Gen, quella linea idealmente protesa verso un possibile futuro.

Little Boy
Hiroshima, 4 agosto 1945. Il piccolo Gen Nakaoka e la sua affrontano quotidianamente le difficoltà dello di guerra, il declino economico della nazione, la paura dei bombardamenti. L’ prosegue, i B-29 sorvolano la città. La mattina del 6 agosto, Gen è nei pressi della sua scuola quando con un’amica nota un solitario B-29. Un solo aereo, una sola bomba… [sinossi]

Little Boy, ragazzino. È poco meno di un ragazzino Gen Nakaoka, protagonista di Barefoot Gen (Hadashi no Gen, 1983), con mamma, papà, una sorella adolescente, un fratellino discolo e adorabile. Ma è un ragazzino anche il mostro, l’ordigno a stelle e strisce, la Bomba. Little Boy è la bomba atomica che ha raso al suolo Hiroshima il 6 agosto 1945; tre giorni più tardi, il 9 agosto, gli Stati Uniti sganciano una seconda bomba, Fat Man, su Nagasaki.
Barefoot Gen è un film di guerra. La guerra dei civili, della popolazione, delle città. Dei bambini. È un film di guerra come Una tomba per le lucciole di Isao Takahata, anche se l’approccio è differente, le traiettorie sono diverse. Alla tragica circolarità narrativa di Takahata, Barefoot Gen contrappone il cammino di Gen, quella linea idealmente protesa verso un possibile futuro. È la speranza che era stata negata a Seita e Setsuko. Barefoot Gen è un film sulla speranza, sulla ricostruzione, sull’inizio di una nuova era – mentre Takahata, con la sequenza iniziale/finale nella stazione ferroviaria, sanciva la letale consunzione di un Giappone ideale e idealizzato.

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Tratto dal monumentale manga Gen di Hiroshima (Hadashi no Gen, 1973-87) di Keiji Nakazawa [1], diretto da Mori Masaki e impreziosito dalle scelte grafiche di Kazuo Tomizawa e Kazuo Oga [2], Barefoot Gen affronta senza filtri fantastici o fantascientifici l’olocausto nucleare, tema centrale e costante dell’animazione nipponica. Dalle città attaccate giorno dopo giorno nelle serie robotiche (da Gō Nagai in poi) alle contaminazioni tra carne e metallo (il fanciullesco Astro Boy, i più cupi Kyashan il ragazzo androide e Tekkaman e tutto quel che segue), fino alla spettacolarità apocalittica di Otomo (Akira, Steamboy, Spriggan, Metropolis…) e agli scenari post-catastrofici di Conan, il ragazzo del e Nausicaä della Valle del vento, l’industria degli anime ha declinato in qualsiasi forma altra Hiroshima e Nagasaki, Little Boy e Fat Man. Barefoot Gen mantiene invece inalterato lo sguardo di Nakazawa – nelle vesti di produttore con la Gen Productions, affiancata dalla Madhouse – e sia nella che nel tratto grafico cerca un costante appiglio alla realtà. Sono le «intenzioni documentaristiche» che riecheggiano il neorealismo [3].
Ed è interessante, anche alla luce del successivo Una tomba per le lucciole, ancor più scarnificato e trattenuto, soppesare le potenzialità dell’animazione, la capacità di cogliere graficamente il reale e la sua deflagrazione. Barefoot Gen riesce a narrare l’inenarrabile, a fermare il tempo per un istante – la bomba sganciata che dall’aereo sembra sempre più piccola, quasi invisibile e innocua. Poi il tempo si rovescia, come la terra. Palazzi, case, corpi svaniscono nel nulla. Tutto (ri)accade davanti ai nostri occhi. I tre/quattro minuti di questa sequenza, dominati dal rosso e da cromatismi apparentemente innaturali, sono una sorta di Nuit et brouillard del cinema nipponico. e meraviglia.

La valenza pittorica e l’efficacia delle tavole di Oga, il design e la fluidità delle animazioni, la compattezza narrativa e lo strettissimo legame col testo originale non cancellano qualche perplessità sulla parte finale (il cibo per Tomoko e l’epilogo). Forse, visto il lavoro di accumulo che percorre tutta la pellicola, il ricorso al fuori campo sarebbe più che sufficiente. Ma Masaki non è Takahata.
Di Barefoot Gen ci restano impresse sulla retina alcune che, nonostante la traccia sonora, sembrano accompagnate dallo stesso assordante silenzio de L’urlo di Munch. La bambina, la col bimbo, il cane. E quella tempesta rossa.
Incomprensibilmente misconosciuto nel Bel Paese, il film di Masaki ha un degno sequel: Barefoot Gen 2 (Hadashi no Gen 2, 1986) di Toshio Hirata. Entrambe le pellicole sono state proiettate al Future Film Festival 2015.

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1. Già edito dalla Panini Comics, Gen di Hiroshima è ripubblicato in una sontuosa edizione dalla 001 Edizioni.
2. Tomizawa dirige le animazioni e si occupa del character design. Figura significativa dell’industria degli anime a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, lo troviamo coinvolto in titoli come Remì – Le sue avventure (1977), L’isola del tesoro (1978), Le avventure di Marco Polo (1979), Gundam (1979), Jenny la tennista – Il film (1979), Captain Harlock SSX Rotta verso l’infinito (1982), The Legend of the Galactic Heroes (1988). Collabora con Masaki anche a The Door into Summer (1981) e Wandering Clouds (1982). Ancor più prestigiosa la carriera dello scenografo Oga, che ritrova Masaki per Toki no Tabibito -Time Stranger (1986) e che, soprattutto, si lega allo Studio Ghibli: Il mio vicino Totoro, Mononoke Hime, Il castello errante di Howl, Ponyo sulla scogliera, Porco Rosso, La storia della principessa splendente, I racconti di Terramare…
3. Cfr. Andrea Fontana, La bomba e l’onda. Storia dell’animazione giapponese da Hiroshima a Fukushima, Edizioni Bietti, Milano 2013, p. 77.

Recensione: quinlan.it

 

By Anam

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