HI-SO (SubITA)

Titolo originale: Hi-so
Paese di produzione: Thailandia
Anno: 2010
Durata: 102 min.
Genere: Drammatico
Regia: Aditya Assarat

È un affascinante percorso a tappe, Hi-So, brulicante di vita e allo stesso tempo dimesso, divertente e radiosamente malinconico, che si attacca alla pelle: Aditya Assarat non possiede ancora il nitore visivo del suo maestro Pen-ek Ratanaruang, ma la strada intrapresa sembra quella giusta.

Another Life in the Universe
Dopo un periodo di studio negli Stati Uniti d’America, Ananda fa ritorno in Thailandia, la sua terra natia, dove spera di raggiungere il successo come attore cinematografico. Quando la sua amica e collega di studi Zoe lo raggiunge, i due iniziano a percepire l’esterno come qualcosa di estraneo. Quando Zoe parte, l’assistente di produzione May fa il suo ingresso nella vita di Ananda… [sinossi]

Quando la cosiddetta new wave thai ha iniziato a imporsi sul interno, ricevendo consensi e premi anche nel circuito festivaliero internazionale, quattro sono stati essenzialmente i registi in cui i giovani thailandesi hanno visto un esempio da seguire: gli amanti del cinema popolare si sono rifatti ai film di Nonzee Nimibutr, i fautori del cinema come avamposto del pop hanno seguito le orme di Wisit Sasanatieng, gli aspiranti auter quelle di Apichatpong Weerasethakul e di Pen-ek Ratanaruang.
E proprio dei tempi e delle atmosfere tipiche del cinema di Ratanaruang è attento osservatore Aditya Assarat, del quale già si parlò ai tempi dell’affascinante Wonderful Town (2007): Hi-So, la sua seconda opera sulla lunga distanza, racconta il tranche de vie di un giovane attore facendo ricorso al delicato tocco che ha reso giustamente celebre il nome del regista di Last Life in the Universe – apertamente citato nel corso della pellicola – 6ixtynin9 e Love Song – Monrak Transistor. Atmosfere soffuse, lenti e avvolgenti movimenti di macchina, silenzi mai sovraccaricati o stucchevoli, un’intelligenza non comune nello studio dell’umanità che prorompe sullo schermo. La Thailandia descritta da Assarat è una terra che porta ancora su di sé le cicatrici dello tsunami, e che non sa come porsi di fronte all’ingombrante peso della memoria: non è certo un caso che il film nel film di cui viene mostrato il set racconti proprio di un uomo senza memoria che viene aiutato nella ricerca del proprio io smarrito da un’amorevole infermiera. Anche Ananda, l’avvenente attore protagonista di Hi-So, deve rintracciare le coordinate nascoste che lo legano alla sua terra di origine, lui che è espatriato per scoprire il esterno: i detriti della casa in cui è cresciuto e che presto verrà abbattuta per far posto a un centro commerciale, l’immoto silenzio della campagna thailandese, il fin troppo preciso accento inglese che sfoggia, e che i suoi compatrioti non sanno comprendere. Ananda, come la bella Zoe, è un farang, uno nella sua stessa terra: solo con l’aiuto della dolcissima e risoluta May potrà sperare di riconquistare quella parte della propria vita che via via gli sta scivolando di dosso.

È nella dispersione che i protagonisti di Hi-So riescono a ritnracciare barlumi della propria umanità: anche Zoe può finalmente iniziare a comprendere il in cui è finita suo malgrado solo nell’assoluto vuoto di un albergo che, fuori stagione, non potrà mai ospitare nessuno. Da un punto di vista strettamente narrativo il film funziona soprattutto nella prima parte, forse proprio per la presenza in scena di Zoe (interpretata dalla brava Cerise Leang, un nome che andrebbe segnato a futura memoria), elemento disturbante in quanto completamente estraneo al contesto: non solo per la sua difficoltà di relazione – quasi nessuno parla inglese in Thailandia, come sottolinea con divertente arguzia la riuscita sequenza del compleanno a sorpresa – ma anche per la non appartenenza al mondo del cinema. La sua figura, annoiata e abbandonata a sé nell’albergo immerso nel verde della foresta, sintetizza con forza il concetto stesso del film, quello straniamento sradicato eppure a suo modo incredibilmente salvifico. Allo stesso modo, la figura speculare di May, pur risoluta e pragmatica, non può esimersi dal cadere nella medesima malinconia di sé, nella stessa dispersione: quando un amico di Ananda li invita a una festa prima del suo ritorno negli Stati Uniti, lei è emarginata per l’inadattabilità completa e consapevole a un contesto così chiuso.
È un affascinante percorso a tappe, Hi-So, brulicante di vita e allo stesso tempo dimesso, divertente e radiosamente malinconico, che si attacca alla pelle: non possiede ancora, Aditya Assarat, il nitore visivo e concettuale del suo maestro Pen-ek Ratanaruang, ma la strada intrapresa sembra senza dubbio quella giusta. In delle sue prossime opere, non resta che lasciarsi cullare dall’ipnotico finale di Hi-So, tenero e insieme irresistibilmente buffo. Come la vita, una volta che si è dispersi nella traduzione.

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By Anam

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