LOLA (SubITA)

Titolo originale: Lola
Paese di produzione: Irlanda, Regno Unito
Anno: 2022
Durata: 79 min.
Genere: Fantascienza,
Regia: Andrew

Presentato e premiato al Trieste Science+Fiction Festival 2022, LOLA di Andrew aggiorna e declina con piglio filologico e alcuni preziosismi tecnici uno scenario distopico\ucronico che ha sempre stimolato cinema, e fumetto: la vittoria di Hitler e l’invasione nazista dell’Inghilterra. Il fascino delle due protagoniste, Emma Appleton e Stefanie Martini, del bianco e nero e della voce di David Bowie vanno a comporre un quadretto indubbiamente seducente.

Le cose che (non) verranno

1940. Le sorelle Thom e Mars costruiscono una macchina, LOLA, che intercetta i programmi radio e TV dal futuro, permettendo loro di ascoltare grandi hit prima ancora che vengano composte, piazzare scommesse infallibili e abbracciare le loro anime punk. Con l’arrivo della Seconda Mondiale, le sorelle decidono di utilizzare le informazioni dal futuro per aiutare l’intelligence militare che riesce a cambiare le sorti dell’ascesa nazista. Mentre Thom viene intossicata da LOLA, Mars capisce le terribili conseguenze del suo potere. In seguito a un litigio, Thom compie un errore fatale che conduce tutti verso un futuro da incubo. Potrà il loro amore salvare il mondo che stanno per perdere? [sinossi – sciencefictionfestival.org]

Méliès d’argent al Trieste Science+Fiction Festival 2022, LOLA è il lungometraggio d’esordio dell’irlandese Andrew Legge, già autore del corto The Chronoscope (2009, visibile qui), una sorta di prova generale che guardava al passato e non al futuro, e di The Girl with the Mechanical Maiden (2012) e The Unusual Inventions of Henry Cavendish (2005, visibile qui), altri corti, altri inventori. Insomma, un cinema che riflette su se stesso, sulle macchine da presa, sugli elementi tecnici, sulla pellicola e i vari formati, sul suo stesso ruolo e sul potere delle immagini. Un cinema che guarda alle origini, al bianco e nero, a invenzioni impossibili o premature, per giocare col tempo. mescola infatti le carte della Storia, come altri prima di lui, aggiungendo però accenti femministi e queer, una palpabile tensione verso il vero mondo che verrà, soprattutto sulla scia degli anni Sessanta e Settanta, di Bowie, di tutti gli artisti e sognatori che hanno indicato a loro modo una possibile via per il cambiamento.

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Il cinema inglese aveva già portato sullo schermo il dramma oscuro del trionfo nazista nel classico It Happened Here (1964) di Kevin Brownlow e Andrew Mollo: con stile documentaristico, i due registi riuscivano non solo a evocare lo spettro dell’occupazione ma a darne una rappresentazione marcatamente realistica e profondamente inquietante. Il film di distilla invece in maniera diversa il rapporto col reale, immergendosi inizialmente nella dimensione sognante delle due brillanti ragazze, lontane da tutto e tutti, isolate in una campagna del Sussex che sembra quasi una sorta di Brigadoon. La cruda realtà irrompe sono nella seconda parte, con alcuni passaggi davvero ammirevoli, in cui i filmati d’archivio si fondono con la narrazione: in questo caso, però, al di là della suggestione estetica, non è tanto il dramma dell’occupazione tedesca a emergere, ma deflagrano le varie riflessioni sui pericoli e i paradossi della manipolazione del Tempo. In questo senso, nonostante una chiusura un po’ ridondante e fin troppo citazionista e qualche snodo narrativo eccessivamente frettoloso, Logge riesce a far quadrare il cerchio, dando un senso narrativamente compiuto a LOLA, alla sua natura di pellicola ai confini della realtà.

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I paradossi temporali, da Hitler che sbarca trionfante in Inghilterra a Bowie cancellato dall’immaginario collettivo, si intrecciano col libero e slegato dalle pastoie del proprio tempo di Thom e Mars, ovvero Thomasina (Emma Appleton) e Martha (Stefanie Martini). Sono loro la vera macchina del tempo, giovani donne che usano le immagini provenienti dal futuro per costruirsi un mondo a misura, rivoluzionario, aperto a tutti i possibili cambiamenti – alla fine, LOLA modella il classico what if sulla base di Imagine. Qui gioca bene le proprie carte, innestando l’afflato femminista e di genere su una struttura ucronica abbastanza solida, depotenziando fin dalla base gli eventuali retorici. Il resto lo fanno il found footage, i segni della pellicola, il formato 4:3, lo sguardo soggettivo e sagacemente frammentario, il fascino immortale del tubo catodico, le bizzarrie steampunk, il look androgino di Thom e il sottile rimpianto che un futuro che per noi è già passato.

quinlan.it

 

By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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