ELENA (SubITA)

Titolo originale: Elena
Paese di produzione: Russia
Anno: 2011
Durata: 109 min.
Genere: Drammatico, Thriller
Regia:

Elena e Vladimir, due anziani al loro secondo matrimonio, hanno rapporti contrastanti con i loro di primo letto. La moglie è ossessionata dalle richieste di denaro del figlio, incapace di provvedere ai bisogni suoi e della famiglia che si è creato. Il marito invece non vede la figlia da molto a causa di vecchi dissapori. Un infarto che colpisce Vladimir farà sì che l’uomo si riavvicini alla ragazza e che decida di nominarla sua erede. Elena, di solito docile e remissiva, sperava in quell’eredità per sistemare il figlio e dovrà trovare una nuova soluzione.

Per molti, in particolare in Italia, è il regista di un unico film, Il Ritorno, che alla Mostra Cinematografica di Venezia del 2003, sotto la presidenza di Mario Monicelli, scippò il Leone d’Oro a Buongiorno, Notte di Marco Bellocchio, con relativa coda polemica del regista piacentino.
Il dibattito critico intorno al valore di quell’opera prima scemò rapidamente. Il secondo e il terzo di Zvyagintsev, rispettivamente Izgnanie (2007) e questo Elena (2011) non hanno ricevuto la minima attenzione, tanto da non godere di alcuna distribuzione italiana. Veramente un peccato, perché Elena, premiato nella sezione Un Certain Regard a Cannes, è un film che non si limita banalmente a cogliere un certo umore dei rapporti sociali ed affettivi nella odierna, ma sbriciola letteralmente ogni punto di vista, specialmente quello moralistico, per aprire l’indagine in un senso enormemente più ampio e problematico.

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Zvyagintsev lascia cadere ogni tentativo di lettura politica, a cominciare dalle retoriche ormai ammuffite della lotta di classe per moltiplicare i punti di fuga: l’insistenza sugli specchi, sulla profondità di campo, sui contrasti luminosi degli ambienti, tanto quelli lussuosi della villa di Vladimir che quelli scialbi e dimessi dell’appartamento del figlio di Elena, ha la funzione di spezzare la lettura monologica degli avvenimenti e disperdere spazialmente la massa critica dell’evento centrale, l’uxoricidio. Che infatti si abbatte improvviso e imprevisto, frutto di una risoluzione apparentemente estemporanea e carico solo della sua drammaticità, ma non delle conseguenze.
Elena sopprime Vladimir, e questo è tutto. L’eredità viene divisa in parti uguali tra la figlia “edonista” e la seconda moglie, ma non ci sono echi psicologici di questo, e nemmeno scene madri. Non c’è neanche impassibilità e cinismo, però. La passa al figlio spiantato e nullafacente di Elena e, si lascia intendere, da costui al nipote che è forse persino peggiore di lui (a questo allude verosimilmente la sequenza della rissa).

Il punto di vista è tuttavia così diluito che neppure queste sottolineature di sceneggiatura concorrono a recuperare un significato, univoco o meno. Come per il parricidio dei Fratelli Karamazov, il denaro è il centro della catastrofe, ma in Elena è solamente uno degli anelli della catena e non c’è enfasi sulla sua funzione, come non c’è cupidigia esibita nella protagonista e nella sua famiglia. Il meccanismo omicida che la contesa innesca ha una logica persino ineluttabile, che sembra rispondere ai tempi e ai più che alle passioni umane. Come se si fosse in presenza di risposte automatiche, e in quanto tali destituite della loro natura intrinsecamente criminale.
Quel che è peggio, le domande hanno smesso da un pezzo di essere formulate. Delitto senza castigo, dunque, e la famiglia di Elena che prende possesso dei luoghi dell’opulenza solo per guardare rapita gli stessi programmi scemi alla televisione alimenta la medesima inconsapevolezza e distanza da una qualsiasi determinazione del “gioco” a cui partecipa. Ma Elena non è, malgrado le apparenze, un grande film “agnostico”; è piuttosto un tagliente ritratto di un come questo, sospeso in un limbo e disertato da Dio. E lontano pure dagli uomini.

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cinerunner.com

By Anam

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