MID90S [SubITA]

Titolo originale: Mid90s
Paese di produzione: USA
Anno: 2018
Durata: 85 min.
Genere: Commedia, Drammatico,
Regia: Jonah Hill

Los Angeles, anni ’90. Il tredicenne Stevie (Sunny Suljic) vive con la madre (Katherine Waterston) e il fratello maggiore (Lucas Hedges) sognando un cambiamento. Attratto dalla cultura dello skateboarding, fa la di alcuni ragazzi più grandi ed entra a far parte del loro gruppo abbastanza rapidamente. Iniziano così giorni all’insegna dell’aria fresca, di un ritrovato senso di libertà, ma anche di progressiva ribellione nei confronti della genitrice che non sempre dà l’esito auspicato. Questa nuova di Stevie fino a dove lo spingerà? E si renderà conto dell’influenza talvolta nefasta dei nuovi amici prima che sia troppo tardi?

È proprio questa la differenza che si può stabilire tra i periodi astrattivi, razionali e i periodi “empatici”. I primi si fondano sul principio d’individuazione, di separazione, i secondi invece sono dominati dall’indifferenziazione, dalla “perdita” in un soggetto collettivo: ciò che chiamerei il neotribalismo.

Michel Maffesoli, “Il delle tribù”

Basterebbe la sequenza d’apertura a spiegare “Mid90s”, sincretismo per immagini di simboli, comportamenti, suoni di un anfratto nel decennio. Cosa vi sia contenuto in quello temporale di raccordo tra un decennio e l’altro è stampato sulle magliette, steso sui letti, sopra sotto e in mezzo alla mobilia di una americana a Palms, Los Angeles. riconoscibili, codificabili. Non si è preparati, però, alla violenza domestica che irrompe sulla scena come una scheggia da una camera da letto.
Steve, 13 anni, subisce le angherie del fratello maggiore violento, apparentemente ossessionato dal fitness. La madre si prende di loro mentre uomini entrano ed escono dalla sua vita sentimentale. Steve conosce una comitiva di giovani skater del quartiere. Cercherà di farsi notare da loro in cambio di rifugio e accettazione.

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L’esordio alla regia di Jonah Hill con questa produzione indipendente mette l’artista losangelino di fronte al coming of age puro, scandito dalle tappe necessarie e ineluttabili del genere. Si riconoscere l’eco del “Boyhood” di Linklater dato il periodo di riferimento condiviso: l’adolescenza calata nella periferia americana novantina, sbattuta tra la gabbia tormentata del nucleo famigliare e il fluido smarrimento del circo sociale.
“Mid90s” non ha l’aspirazione a mostrare, scindendo qualsiasi volontà riproduttiva, bensì a mostrarsi come una continuazione delle atmosfere del tempo, scegliendo l’effetto vintage della forma col suo aspect ratio stretto in 4:3 e la fotografia monotonale per interni ed esterni. La somiglianza sembra dunque da ricercare piuttosto in “Tutti vogliono qualcosa” differenziandosi però dal tono romanticamente magico, alla cui visione Hill preferisce un precipitato sporco e rabbioso.

Hill è interessato a rappresentare l’ardore dell’adolescenza combinata alla sua fluidità relazionale. Il cambiamento di Steve si nota dapprima nel vestiario, nei che si porta addosso (come lo skate, all’inizio infantile), nella parlata, nei soprannomi, nei poster della cameretta; un rivestirsi estetico che gli permette di partecipare della tribù con cui condivide segni e valori, disperdendo in essa il proprio individualismo. Nella sensibilità collettiva Steve attraversa una serie di prove di affiliazione al gruppo, al contempo crescita personale repentina, quasi dionisiaca.
Da una parte la dimensione collettiva inserita negli spazi condivisi (i party, i luoghi in cui fare skate), dall’altra il disgregarsi privato della famiglia per descrivere la quale basta qualche immagine. L’uomo che esce con la cerniera calata dalla stanza della madre, i lividi sul di Steve, la rivalsa sulle violenze del fratello, diventano fugaci e necessarie che determinano la necessità del ragazzo di formare una nuova famiglia.

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La visione di Hill si riflette in una semplificazione naif di segni accatastati gli uni sugli altri, a cominciare dalla selezione musicale che vede rincorrersi il flow dei Cypress Hill e la rabbia dei Nirvana; ma anche Street Fighter, il Super Nintendo, la convivenza tra musicassette e CD. Tutto parla in funzione di un’evocazione generazionale che fu anche teatro del passato del regista, di cui il filmato amatoriale di Fourth Grade incollato al finale come una naturale continuazione della narrazione ne è traccia.

L’adolescenza di Steve diventa il perfetto contraltare della prima prova di Jonah Hill, possedendo la vitalità e l’ingenuità positiva di un esordio interessato a parlare col cinema senza eccessi teorici. La deriva grezza, modesta e ampiamente sperimentata del coming of age assume però le tinte personali, ardite del cinema indipendente.

ondacinema.it

By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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