Titolo originale: The Man Who Knew Infinity
Nazionalità: UK
Anno: 2015
Genere: Biografico, Drammatico
Durata: 108 min.
Regia: Matt Brown
Basato su di una storia vera in “L’uomo che vide l’inifnito“, seguiamo il giovane matematico Srinivasa Ramanujan (Dev Patel), che dopo una infanzia povera e priva di istruzione in India, ottiene l’ammissione all’Università di Cambridge , dove diventa un pioniere nelle teorie matematiche sotto la guida del suo professore e mentore, G. H. Hardy (Jeremy Irons). L’amicizia e la collaborazione intellettuale che nasce tra i due li porterà a grandi risultati, ancora oggi fondamentali per le scoperte più moderne.
Caratterizzato da una narrazione godibile, il film coinvolge perfettamente lo spettatore fin dai primi minuti. I personaggi sono ben caratterizzati ed è impossibile non farsi prendere emotivamente dal percorso di Ramanujan. Le vicende narrate offrono un interessante background a uomini dei quali si studiano solitamente solo i meriti accademici, senza soffermarsi sulla loro vita. Suscita curiosità entrare nel processo creativo di scoperte così sensazionali, capire i meccanismi mentali che hanno permesso queste rivelazioni. La matematica è raccontata come un’arte, che ha forma e contenuto e come tale deve cercare un equilibrio. I protagonisti sono artisti, che con un processo creativo, allo stesso modo di un pittore o di un musicista, danno forma attraverso i numeri ad intuizioni e sensazioni. Gli attori interpretano con spessore ed emozione i loro personaggi, a partire da Jeremy Irons che da subito stabilisce la sua imponenza sullo schermo al giovane Dev Patel, attore di origine indiana apprezzato fin dagli esordi, che si conferma ancora una volta un brillante talento. La regia per quanto semplice è efficace, accompagnata da una buona fotografia e costumi piacevoli.
“L’uomo che vide l’infinito“ ha un unico vero limite, pecca di banalità: non viene mostrato nulla di nuovo, ne c’è il tentativo di farlo. La pellicola è estremamente convenzionale, un biopic che segue le regole del suo genere e che non cerca di andare oltre. La seconda parte del film è un po’ ripetitiva: i conflitti diventano troppo frequenti e la struttura disarmonica. I momenti di tensione sono nettamente superiori a quelli positivi e questo stanca lo spettatore. Allo stesso modo è trascurata l’evoluzione dei due protagonisti, la nascita della loro amicizia, che da un certo punto in poi è data per scontata. Il flusso temporale è confuso, le distanze non sono chiare.
“L’uomo che vide l’infinito“ è una pellicola emozionante, in cui i difetti non mancano ma non si fanno sentire eccessivamente. Non si tratta di un prodotto presuntuoso, non di certo eccelso ma più che discreto per ciò che vuole raccontare. Meno appariscente di altri film sul genere tuttavia altrettanto meritevole.
Recensione: darumaview.it