DAYS OF BEING WILD (SubITA)

Titolo originale: A Fei zheng chuan
Nazionalità: Hong Kong
Anno: 1991
Genere: Drammatico, Sentimentale
Durata: 94 min.
Regia: Wong Kar-wai

Il giovane e dolente Yuddy (Leslie Cheung) fa innamorare l’ingenua Su Li-zhen (Maggie Cheung) e la disinvolta Mimi (Carina Lau). Mentre Su Li-zhen non riesce a consolarsi con Tide (Andy Lau), Yuddi va nelle Filippine in cerca della che non ha mai conosciuto.

Dopo l’esordio nel mondo del cinema nel 1988 con “As tears go by” (una specie di rilettura in chiave orientale dello scorsesiano “Mean streets”), il regista cinese Kar Wai Wong due anni più tardi scrive e dirige la sua seconda pellicola, “Days of being wild”. Nel cast, direttamente dal suo primo film, ci sono Maggie Cheung, Andy Lau e Jacky Cheung, ai quali si aggiungono Carina Lau, dal 2008 sposata con Tony Leung Chiu Wai (altro attore che appare brevemente in “Days of being wild” e che lavorerà poi svariate volte con Wong) e Leslie Cheung, morto suicida nel 2003.
Proprio quest’ultimo interpreta il protagonista del film, Yuddy, un ragazzo disoccupato del quale si innamorano due donne, una esigente e passionale, l’altra più giovane e timida. Lui ricambia per qualche tempo, poi le abbandona, deluse e ferite da quello che credevano essere qualcosa di diverso. Ma se Yuddy non è alla ricerca di un rapporto sentimentale stabile, molta importanza la dà invece alle sue ignote origini, conosciute solamente dalla sua adottiva, un’ex-prostituta che però non gli vuole rivelare nulla.

“Days of being wild” è la prima pellicola di Wong che comincia a definire le regole e gli stilemi del suo cinema drammatico/sentimentale, quasi un preludio a lungo termine che porterà poi alla realizzazione di apprezzatissimi film come “In the mood for love” e “2046”. Proprio con “2046” i punti in comune sono per esempio tantissimi, a partire dai nomi delle due ragazze innamorate e poi lasciate dal protagonista: Su Li-Zhen e Mimì (interpretate rispettivamente da Maggie Cheung e da Carina Lau, sia qui sia nel film del 2004).
L’ambientazione è quella degli anni ’60, periodo trattato ricorrentemente nel cinema wonghiano. Le psicologie dei personaggi costruiscono un’analisi di particolari situazioni che tirano in ballo altre tematiche care al regista: l’amore non corrisposto, i desideri irraggiungibili, l’illusione, l’abbandono, l’oblio. I personaggi di “Days of being wild” si muovono come marionette destinate ad incrociarsi continuamente, ma senza forse avere mai la possibilità di trovare una condizione di stabilità sociale, psicologica, sentimentale ed emotiva. Queste situazioni derivano principalmente dai comportamenti dei personaggi (soprattutto Yuddy), che tentano di sfuggire chi alla maturità, chi alla durezza della realtà, chi alla solitudine, chi ai suoi sogni sfumati. In tutto questo però anche il caso arriva a rivestire un ruolo di rilievo. La sceneggiatura infatti concede alcune possibilità di realizzazione ai personaggi, alcune chance che potrebbero cambiare le cose. Ma che non lo faranno. Emblematico rimane quel telefono pubblico che squilla, squilla, squilla, ma al quale il poliziotto interpretato da Andy Lau non risponderà.
Tutte queste tematiche sono praticamente trasposte anche a livello stilistico, attraverso una regia (vincitrice dell’Hong Kong Film Award 1991 – “Days of being wild” ne vinse 5 in totale, tra cui anche Miglior Film) che preferisce concentrarsi poco sul movimento e molto sull’espressività degli attori, poco sui dialoghi e molto sui particolari narrativamente e simbolicamente importanti.

Nonostante questi numerosi punti a favore del film, che lo rendono un tassello importante nella filmografia di Wong, c’è da dire però che “Days of being wild” ha comunque alcuni difetti dovuti forse proprio al fatto di essere la prima pellicola del regista a sondare questo tipo di cinema. Dato che infatti la narrazione è molto statica, spesso in alcuni punti trapela una non pienezza delle emozioni che dovrebbero esserci, rendendo di conseguenza questi passaggi piuttosto lenti e vuoti. Decisamente meglio il finale, dove i personaggi finiscono per incrociarsi in maniera più significativa (non a caso l’emotività è migliore), se non fosse che narrativamente il tutto diventa meno verosimile, più superficiale nell’azione, e per questo non pienamente godibile.

Guarda anche  THE CALL [SubITA]

Curiosità: La traduzione letterale del titolo cantonese del film è Rebel without a cause, e cioè il titolo originale di “Gioventù bruciata”, il celebre film di Nicholas Ray con protagonista il mitico James Dean.

Recensione: pellicolascaduta.it

 

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By Anam

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