EARTH (SubITA)

Titolo originale: Tierra
Titolo Internazionale: Earth
Paese di produzione: Spagna
Anno: 1996
Durata: 125 min.
Genere: Drammatico, Spirituale
Regia: Julio Medem

Ángel, un uomo fragile e trasognato, arriva in una remota regione vinicola della Spagna con un compito insolito: disinfestare il suolo da una misteriosa “peste degli insetti” che altera il sapore del vino. Ma Ángel non è un uomo qualunque: sostiene di essere morto e tornato alla vita, diviso ora tra due nature — una celeste, pura e spirituale, e una terrena, carnale e tormentata. In questo spazio sospeso tra cielo e terra, tra eros e metafisica, Ángel incontra due donne: María, l’incarnazione della sensualità selvaggia e del desiderio fisico, e Ángela, simbolo di purezza, amore e spiritualità. Tra loro si consuma una triangolazione che non è solo amorosa, ma cosmica: una lotta interiore tra corpo e anima, materia e spirito, morte e rinascita.

Con Tierra, Julio Medem costruisce uno dei film più intensi, poetici e misteriosi del cinema europeo degli anni ’90. È un’opera che appartiene tanto alla terra quanto al sogno, un film in cui ogni immagine è una vibrazione, ogni parola un frammento di un universo simbolico che non si può semplicemente “capire” — va sentito.

Medem, già autore del meraviglioso Vacas e di Los amantes del Círculo Polar, esplora ancora una volta il suo tema prediletto: il destino come forza naturale, circolare, inscritta nella materia stessa del mondo. Ma in Tierra, questo destino non è solo emotivo o sentimentale — è cosmico. Tutto vive, tutto respira: il suolo, gli insetti, il vento, le nuvole, gli sguardi. Il film diventa un poema sensoriale sulla connessione invisibile tra gli esseri e la materia.

Il protagonista, interpretato da un magnetico Carmelo Gómez, è il tramite tra due realtà: quella del mondo tangibile e quella delle visioni interiori. È un Cristo postmoderno, un viandante mistico che porta con sé una missione impossibile — purificare la terra dalla contaminazione, forse simbolo della stessa corruzione umana. Ma più tenta di “disinfestare”, più viene risucchiato nella sensualità, nella carne, nel vino, nel desiderio.

La terra del titolo è il vero personaggio principale: fertile e corrotta, sacra e erotica, luogo di vita e decomposizione. Medem la filma come una pelle viva, rugosa, intrisa di sangue e luce. La macchina da presa accarezza i campi arsi, le vigne e i corpi con lo stesso amore. Ogni elemento naturale diventa specchio dell’anima dei personaggi: il vento, il sole, la pioggia — tutti portatori di un senso spirituale.

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Il film si muove con una fluidità onirica, quasi ipnotica. La narrazione si frantuma, si moltiplica in piani simbolici: sogni, ricordi, visioni si intrecciano alla realtà, dissolvendo ogni confine tra l’immaginario e il tangibile. Il risultato è un cinema panteista e sensuale, dove il linguaggio visivo diventa preghiera.

Le due donne, María e Ángela, non sono semplici figure romantiche: rappresentano i poli opposti dell’esistenza. María (Emma Suárez, meravigliosa) è la Terra nel suo aspetto più carnale: fertile, sporca, irresistibile. Ángela (Silke, eterea) è il Cielo, la dimensione immateriale dell’amore puro. Ángel è intrappolato tra loro, come l’essere umano tra desiderio e redenzione. In questo triangolo si riflette il dramma eterno dell’anima: la tensione tra il piacere e la trascendenza, tra l’istinto e la fede.

Eppure, Medem non giudica: accetta il caos, lo celebra. La sua regia è piena di movimenti circolari, spirali, eliche — figure che tornano ossessivamente nel suo cinema, simbolo di una vita che non si distrugge ma si rigenera. Anche quando la morte si insinua, non è mai fine: è trasformazione.

La fotografia di Javier Aguirresarobe è pura magia visiva: i toni caldi della terra contrastano con le luci lattiginose dei cieli, creando un mondo che sembra al tempo stesso reale e mitologico. Ogni inquadratura è costruita come un quadro sacro: sensualità e spiritualità convivono nello stesso spazio, nello stesso respiro.

Il suono — il vento che sibila, gli insetti che frusciano, il rumore del vino che scorre — costruisce una partitura naturale che avvolge tutto. È un cinema che si ascolta con la pelle.

Nelle sue migliori sequenze, Tierra evoca il cinema di Tarkovskij per la sua densità spirituale, quello di Buñuel per l’ironia mistica e quello di Malick per la sua sacralità della natura. Ma Medem resta unico: il suo linguaggio è più istintivo, più mediterraneo, pulsante di eros e malinconia.

Il film è anche una riflessione metafisica sulla contaminazione — non solo del vino, ma dell’anima. Gli insetti che alterano la terra diventano metafora dei pensieri impuri, dei desideri repressi, dei sensi di colpa che infestano l’uomo moderno. Ángel tenta di purificare, ma il suo stesso corpo è contaminato dal dubbio, dal desiderio, dall’amore.

Nel finale, l’opera si dissolve in una dimensione quasi mistica: la redenzione non arriva dal cielo, ma dalla fusione con la terra stessa. Solo accettando la materia, la carne, la fragilità, si può forse toccare il divino.

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Tierra è un film che parla con la lingua del sogno e della poesia. Non cerca di essere compreso, ma di essere respirato. È una parabola sul mistero dell’esistenza, sulla bellezza imperfetta della vita, sul desiderio di purezza che convive con la sporcizia del mondo.

In un cinema dominato dal cinismo, l’opera di Medem resta un atto di fede: nella natura, nell’amore, nella possibilità che il sacro esista ancora tra le mani, il sudore e il vino.

Tierra è un film mistico e sensuale, un viaggio poetico nella sostanza stessa dell’esistenza. È un cinema che non racconta una storia, ma un’esperienza: l’unione estatica tra uomo e mondo, tra carne e luce, tra la miseria umana e la divinità sepolta nella polvere.

By Anam

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