Titolo originale: Hyènes
Paese di produzione: Senegal, Francia, Svizzera
Anno: 1992
Durata: 110 min.
Genere: Commedia, Drammatico,
Regia: Djibril Diop Mambéty
A Colobane, piccolo villaggio sprofondato nella povertà del Sahel, i “griot” annunciano agli abitanti una notizia: Linguère Ramatou, una donna che aveva lasciato il villaggio trent’ anni prima e che all’estero è divenuta proprietaria di una colossale fortuna, torna in visita al paese natio. In occasione di un grande banchetto la donna annuncia di voler donare al villaggio una grande somma di denaro, ma ad una condizione: la morte di un paesano che l’aveva abbandonata in gioventù… La più nota opera teatrale del grande drammaturgo svizzero Friedrich Dürrenmatt, qui rivisitata in chiave africana.
Iniziai a lavorare a Hyènes quando mi resi conto che dovevo assolutamente ritrovare uno dei personaggi di Touki Bouki, girato vent’anni prima: Anta, la ragazza che aveva avuto il coraggio di lasciare l’Africa e di attraversare da sola l’Atlantico. Avevo l’impressione di cercare una figura che aveva fatto parte della mia infanzia. Mi dicevo di aver già incontrato questo personaggio in un film, e alla fine lo ritrovai in un dramma di Friedrich Dürrenmatt, La visita della vecchia signora (1956). Avevo la libertà e l’autostima sufficenti per coniugare il suo testo con il mio film e per fare mia la sua storia.
Mi interessano gli emarginati perché sono convinto che essi siano più importanti per l’evoluzione di una comunità rispetto ai conformisti. Gli emarginati mettono la comunità in contatto con un mondo più ampio. […] Il film illustra un dramma umano. Il mio compito è identificare il nemico dell’umanità: il denaro, il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale. Penso che il mio scopo sia chiaro. Hyènes racconta al mondo una storia umana, ma con questo film volevo anche rendere omaggio alla bellezza dell’Africa. Per me fa parte di quella bellezza anche il fatto che in Africa non è molto difficile fare un film. I sacchi di riso abbandonati che la gente di Colobane indossa alla fine del film non costarono molto. Erano solo le attrezzature per la produzione a essere un po’ costose. Ho un grande desiderio di demistificare il cinema, soprattutto il suo lato finanziario. L’Africa è piena di cinema, di immagini. Hollywood non avrebbe potuto fare questo film, a prescindere dai soldi investiti. Il futuro appartiene alle immagini. […] L’esistenza dell’Africa è un bene per il futuro del cinema, perché è l’immagine stessa a essere nata in Africa. Gli strumenti, sì, sono europei, ma la necessità e la logica creativa risiedono nella nostra tradizione orale. Come dico ai bambini, per fare un film basta chiudere gli occhi e vedere le immagini. Aprite gli occhi, ed ecco il film. La tradizione orale è fatta di immagini. La fantasia crea le immagini e le immagini creano il cinema, dunque noi siamo gli eredi diretti dei padri del cinema.
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