THE VOURDALAK (SubITA)

Titolo originale: Le Vourdalak
Paese di produzione: Francia
Anno: 2023
Durata: 91 min.
Genere: Drammatico, Fantastico, Horror
Regia: Adrien Beau

Il vecchio Gorcha implora la famiglia prima di partire, chiedendo loro di aspettarlo per almeno sei giorni. Se non sarà tornato entro la fine del sesto giorno, chiede di offrire una preghiera in sua memoria dal momento che è stato ucciso in combattimento. Ma se, non voglia, dovesse tornare dopo la scadenza dei sei giorni, impone ai figli di rifiutarsi di farlo entrare, perché da sopravvissuto non sarà altro che un maledetto Vourdalak.

Terzo adattamento cinematografico* della novella La famiglia del Vurdalak (1839) di Aleksej Konstantinovič Tolstoj, cugino di Lev, il film d’esordio del francese Adrien Beau è un horror-drama girato in 16 mm per dare, come dice il regista stesso in alcune interviste, un tocco di artigianalità e sfruttare la sfocatura della pellicola a beneficio di un’atmosfera rarefatta e onirica.

Che questa sia una scelta frutto del suo passato professionale – Beau è stato designer per John Galliano e Christian Dior, regista teatrale e già autore di due corti horror, La petite sirène (2009) e Les condiments irréguliers (2011) – o dell’amore per il cinema Anni Settanta, uno degli elementi che mi ha fatto apprezzare Le vourdalak (The Vourdalak, 2023), presentato in concorso alla SIC – Settimana Internazionale della Critica 38 dell’Ottantesima Mostra del Cinema di Venezia, è stata sicuramente la possibilità di rivedere finalmente una di vampiri non patinata.

Ambientato in un villaggio balcanico del XVIII secolo, il lungometraggio ritorna alla figura del vampiro folclorico e, quindi, a una versione lontanissima da quella letteraria, alla quale ci siamo abituati anche al cinema, dominata dal personaggio dell’aristocratico ‘bello e dannato’ di byroniana memoria. Ma non solo.

Coerentemente con l’origine folclorica presente nella novella, in Le vourdalak di Beau assistiamo, come in un terribile e continuo gioco di specchi, a una serie rovesciamenti: è il malcapitato Marchese Jacques Antoine Saturnin d’Urfé (Kacey Mottet-Klein) a essere giovane, raffinato e del tutto fuori posto – come un morto che ritorna fra i vivi – in un contesto rurale e nel quale i suoi modi da cortigiano spiccano per artificialità e si riflettono nelle sembianze altrettanto artificiali del mostro che, invece, è decrepito – ma perfettamente a suo agio perché è nel suo ambiente – e, tramite una soluzione a mio avviso davvero interessante e indicativa, non viene interpretato da un ma da una marionetta, costruita e animata dallo stesso Beau.

Inoltre, benché nel film venga mantenuto il tema folclorico, centrale anche nel racconto, della vessazione dei propri famigliari da parte del vurdalak – al quale, per altro, viene sovrapposto il Nachzehrer, il ‘masticatore di sudario’ – nel finale la narrazione ribalta ulteriormente la prospettiva rispetto alla novella di con un’apertura sul destino di Sdenka e del giovane d’Urfé di segno totalmente opposto.

Un segno che ha portato a definire Le vourdalak come “discorso contro il patriarcato”. Sì, forse questa è una delle letture possibili. Tuttavia, mi è parso di trovarvi anche un tema più ampio: le maschere che indossiamo fin dalla più tenera età per conformarci alle regole imposte dalla famiglia e dalla società, indipendentemente dal ceto e dal contesto culturale di riferimento.

Perché se maschera è Gorcha, l’anziano contadino vampiro, reduce dalla guerra contro i Turchi, che ritorna a casa con un macabro trofeo e inizia a vessare, come da tradizione, i propri congiunti, maschera è anche il nobile signore dal volto incipriato che ricorda molto il Casanova di Fellini, e maschere sono gli altri personaggi, ciascuno recante un preciso, quasi fossero tutti burattini che si muovono in un teatrino dell’orrore o in una Danza Macabra.

È così che, di volta in volta, si stagliano su un fondale nero ed escono alla ribalta Jegor (Grégoire Colin), il brutale figlio maggiore di Gorcha che raccoglie – suo malgrado, visto che si rifugia nell’alcool – l’ di capofamiglia in assenza del patriarca e cercherà di difendere il padre-mostro fino all’ultimo, Anja (Claire Duburcq), moglie sottomessa e madre del piccolo Vlad (Gabriel Pavie) “amore di nonno” (con tutto l’orrore che l’affetto di un vurdalak si porta dietro…), Piotr (Vassili Schneider), il figlio minore di Gorcha dalle sembianze genderfluid, disprezzato da padre e fratello per la sua effeminatezza, e Sdenka (Ariane Labed), la figlia divenuta strega perché sedotta e abbandonata da un amante, non a caso abbigliata come la Medea di Pasolini, che per Gorcha è fonte di disonore e per d’Urfé sarà una specie di Beatrice ‘al contrario’.

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Insomma, pur se a tratti la tensione dell’horror si perde in un ritmo piuttosto lento, Le vourdalak è un film interessante e godibile non solo per chi, come me, ama la ‘materia vampiri’ in (quasi) tutte le sue declinazioni. Infatti, oltre che una certa originalità nell’adattamento del testo letterario, a suo favore giocano anche l’interpretazione attoriale e una vena ironica che rende alcune scene davvero divertenti.

* I primi due adattamenti sono stati il secondo episodio de I tre volti della paura (Mario Bava, 1963) e La notte dei diavoli (Giorgio Ferroni, 1972)

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By Anam

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