THE GIRL WITH THE NEEDLE (SubITA)

Titolo originale: Pigen med nålen
Paese di produzione: Danimarca, Polonia, Svezia, Francia, Belgio
Anno: 2024
Durata: 123 min
Genere: Drammatico, Storico
Regia: Magnus von Horn

1919: una disoccupata e incinta incontra Dagmar, che gestisce un’agenzia clandestina per le adozioni. Nasce una forte connessione, ma il suo mondo va in frantumi quando scopre la scioccante verità dietro il suo lavoro.

Siamo un po’ al di fuori del cinema di cui parliamo solitamente in questo blog, e infatti non sono neanche sicura di essere in grado di rendere a un film magnifico, che da qualche giorno risiede fisso nei miei pensieri e non mi si vuole scollare di dosso. Un film che ho già visto due volte e del quale torno spesso a rivedere un paio di sequenze, che non riesco a lasciare andare.
Però non è la prima volta che affrontiamo un qualcosa di leggermente diverso; pensiamo a The Devil’s Bath, che mi viene in mente perché ha molti punti di contatto con The Girl with the Needle, dato che entrambi offrono una rappresentazione radicale e priva di compromessi della solitudine femminile, della mancanza di alternative e dell’impossibilità di scegliere. Tutti e due i film, inoltre, si pongono al crinale del cinema horror senza farne realmente parte. Se tuttavia The Devil’s Bath utilizza, a tratti, il linguaggio di genere, The Girl with the Needle ne fa a meno dall’inizio alla fine, ed è quindi molto complicato da catalogare.

Anche se per comodità, in tanti lo hanno inserito nel filone del true crime, il film di von Horn è un dramma in costume narrato con toni fiabeschi. Io vi consiglio di vederlo senza sapere nulla di ciò che racconta (lo trovate su Mubi), anche se vi basta una rapidissima ricerca online per sapere a quali eventi reali è vagamente ispirato. Non fatelo, perché conoscerli vi porterebbe nella direzione sbagliata. Non è un film sensazionalista, e alla fine, il fatto di cronaca da cui ha preso spunto non è neppure così determinante, e occupa una porzione di film ridotta.
Ambientato a nel 1919, è la storia di Karoline (Vic Carmen Sonne), un’ in una fabbrica tessile che ha il marito disperso al fronte e guadagna quel tanto che le basta a non finire in mezzo a una strada. Il proprietario della fabbrica si invaghisce di lei, la mette incinta e poi la licenzia, e il marito torna dalla guerra orrendamente sfigurato.
Karoline tenta di abortire, ma viene fermata da una donna, Dagmar (Trine Dyrholm), che si offre di aiutarla. Gestisce infatti una sorta di agenzia di adozioni clandestine. Quando Karoline avrà partorito, darà il bambino a una famiglia benestante e desiderosa di prendersene cura.
Non sapendo dove andare, Karoline va a stare da Dagmar e tra le due si instaura un legame tanto profondo quanto ambiguo e sbilanciato.

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Ecco, queste sono le informazioni che posso darvi, e forse vi ho anche già detto troppe cose su un film che è una continua scoperta e si dipana, lento e implacabile, nel costruire questo ritratto nerissimo di una donna isolata da una società dura e respingente, evitando qualsiasi sguardo romantico nei confronti del passato, messo in scena come un incubo popolato da disgraziati di ogni risma, ognuno intento a lottare per ritagliarsi il suo spazio, per quanto infimo e abietto sia.
Karoline questo spazio non ce l’ha, le viene sottratto sin dalla prima scena del film, quando il suo padrone di casa la senza tante cerimonie per dare il suo posto ad altri.
In ogni occasione in cui la protagonista sembra aver fatto un passo avanti, aver trovato una collocazione o almeno un rifugio sicuro, accade qualcosa che la spinge ancora più ai margini, come se fosse un rifiuto dal quale liberarsi. Non stupisce quindi che resti aggrappata, anche quando a noi sembra assurdo, all’unica persona che è stata disposta ad accoglierla.

Girato in un bianco e nero ed espressionista (il direttore della fotografia, Michal Dymek, è nato nel 1990, mortacci sua. Scusate), e accompagnato invece da una colonna sonora moderna e martellante, The Girl with the Needle è una perfetta sintesi di un cinema che parte da una storia di più di un secolo fa per parlare agli spettatori del presente, ma nell’instaurare questo dialogo, non attualizza l’epoca portata sullo schermo, ce la presenta nella maniera più oggettiva e distaccata possibile, per quella che era, aggiungendo qua e là delle pennellate bizzare e oniriche, che servono a posizionare personaggi ed eventi in uno spazio al confine tra il reale e l’irreale, come nelle scene ambientate in uno circo di freak, per esempio, o nei volti distorti che aprono e chiudono il film.
Da un punto di vista narrativo, la cosa più interessante che fa The Girl with the Needle è di prendere il canovaccio base di ogni melodramma dell’era del muto (e dei primi anni del sonoro) e rivoltarlo contro lo spettatore, che pensa di conoscere le circostanze e di essere preparato.
Una protagonista con una miserabile che, per uscire dalla miseria, finisce per scavarsi la fossa da sola e peggiorare ulteriormente la sua condizione.

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Karoline compie più o meno lo stesso percorso, e tuttavia, lungi dall’essere una vittima sacrificale, è una donna manipolatrice, a volte avida, anche priva di scrupoli; il che non ci impedisce di simpatizzare con lei per tutti i 120 minuti di film. Questo perché von Horn rende esplicito da subito che non esiste altro modo di attraversare il paesaggio della del primo dopoguerra, caratterizzata da una brutale e costante lotta per la sopravvivenza, combattuta nel fango degli strati della società più bassi e abbandonati.
Ho letto una recensione del film che finiva più o meno così: “Il mio genere preferito di horror: esistere come una donna nel 99% della storia dell’umanità”. E certamente è vero che la questione di genere gioca un ruolo dominante in The Girl with the Needle, ma è ancora più forte la questione di classe, perché è la madre del proprietario della fabbrica tessile a umiliare Karoline e poi a toglierle il lavoro, e la stessa Dagmar (per quanto il suo sia un personaggio su cui posso dire pochissimo) si pone un paio di gradini sopra Karoline, in quanto a estrazione. Al contrario, il personaggio cui va più forte la simpatia del regista è il marito reduce di guerra dal volto devastato.

Dicevo che The Girl with the Needle non è proprio a suo agio su questo blog: non è un film dell’orrore, è un film sull’orrore e sulla sua persistenza, e su come fingiamo che il mondo sia migliore di quello che è, cercando giustificazioni, appigli, scuse di ogni tipo pur di non affrontare il fatto che dell’orrore siamo partecipi, anche quando lo subiamo.
È un film che non risparmia particolari grotteschi e osceni, ma non ne fa mai spettacolo: ogni fotogramma è pesato, ogni scelta narrativa ha uno scopo preciso, anche quelle che possono apparire ripugnanti. È ostico e durissimo da sopportare e digerire, ma credo ne valga la pena, perché in tutta questa angoscia, in tutto questo aprire le porte di un abisso di disperazione e morte, non è mai cinico, né nei confronti dei suoi protagonisti né in quelli dello spettatore. È anzi, un film profondamente umano, che trova nell’umanità di alcuni istanti la sua ragion d’essere e la nostra stessa redenzione.
The Girl with the Needle è splendido, e io spero di essere stata in grado di convincervi a vederlo.

ilgiornodeglizombi.org

By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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