PARANOIA AGENT [SubITA]

Titolo originale: Mōsō dairinin
Nazionalità: Giappone
Anno: 2004
Genere: Animazione, Serie TV, Thriller
Episodi: 13
Durata: 23 min [episodio]
Regia: Satoshi Kon

Paranoia Agent travalica gli standard televisivi e affronta tematiche difficili e scabrose. Nel corso dei tredici episodi, Kon seziona pezzo dopo pezzo la società odierna giapponese.

The circle of life – Prima parte
La giovane Sagi Tsukiko, divenuta popolare grazie al pupazzo Maromi, viene aggredita da un misterioso ragazzino, armato di mazza da baseball e con un paio di rollerblade ai piedi. Il mistero comincia ad infittirsi quando il numero degli agguati di “Shounen Bat” aumenta e, mentre i poliziotti Ikari e Maniwa iniziano ad occuparsi del caso, affiorano strani legami tra le vittime…

Maigo wa sora ni migoto na kinoko no kumo
Maigo wa kono chi de ne wo haro kotori no douhou
Maigo wa danchi no benchi de sodateta yume
Maigo wa komorebi youbi ni umareta douhou

Dream Island Obsessional Park (Yume no Shima Shinen Kouen) è il trascinante brano di Susumu Hirasawa (Millennium Actress, Berserk) che accompagna la sigla d’apertura di Paranoia Agent. Una canzone dal ritmo allegro, come i volti sorridenti dei vari personaggi (che saranno poi i protagonisti, chi più chi meno, della serie), perfettamente incorniciati in inquadrature che (solamente dopo aver visto un buon numero di episodi) dicono molto più di quanto possa sembrare. E, tranne due casi (ed anche qui c’è un motivo ben preciso), sono tutti ripresi singolarmente, mentre, alle loro spalle, il mondo scorre frenetico. Basterebbe questa sigla per placare la sete d’animazione (nipponica e non) di qualità. Un incipit che mette in guardia l’ignaro spettatore, probabilmente impreparato di fronte ad un prodotto così complesso e stratificato.

Satoshi Kon, regista/autore/creatore di Paranoia Agent, è al suo esordio televisivo, dopo i consensi ed i successi ottenuti con i tre precedenti lungometraggi (Perfect Blue, Millennium Actress e Tokyo Godfhaters: poi arriverà Paprika). Nato nel 1963 a Hokkaido, Kon può considerato una sorta di discepolo di Katsuhiro Otomo (Akira, Steamboy), che ne ha profondamente influenzato lo stile. Oltre alle collaborazioni per Roujin Z e World Appartment Horror, Kon ha ricoperto un ruolo fondamentale nel film ad episodi Memories.
Vista la crescente popolarità ed influenza, Kon ha avuto carta bianca e totale sostegno, economico ed artistico, dalla di produzione Madhouse, potendo liberare la sua forza creativa e lo spirito pungente. Paranoia Agent, infatti, travalica gli standard televisivi e, soprattutto, affronta tematiche difficili e scabrose. Nel corso dei tredici episodi, Kon seziona, pezzo dopo pezzo, la società odierna giapponese, evidenziandone senza pudori i drammi ed i crimini. I personaggi di Paranoia Agent sono, infatti, le vittime qualunque del sistema, sono il risultato disumanizzato della società nipponica. Il lato thriller della vicenda, seppur importante e ben sostenuto, serve da contenitore e lascia larghissimo spazio alle vicende umane, ai vari personaggi che si alternano e si susseguono di puntata in puntata.

Il mistero ruota attorno alle criminali imprese di Shounen Bat, un ragazzino armato di mazza da baseball e rollerblade dorati, che sembra colpire a caso persone qualunque. Satoshi Kon, certamente a suo agio quando bisogna districarsi tra realtà e sogno, crea e smonta a suo piacimento il giocattolo narrativo e visivo, trascinando lo spettatore in una serie che, da un minuto all’altro, cambia repentinamente direzione. Paranoia Agent è un thriller, una satira sociale, un fantasy, un horror soprannaturale, una serie comica, un dietro le quinte televisivo.
Già dal primo episodio (Enter Lil’ Slugger), Kon introduce degli elementi destabilizzanti: dopo aver preparato in maniera esemplare l’entrata in scena del “ragazzo con la mazza” (notevole la crescente tensione della prima aggressione, consumata in un’atmosfera che si avvicina molto all’horror), il regista di Hokkaido comincia a disseminare indizi inquietanti (il pupazzo Maromi che si anima, le “incomprensibili” scritte dell’anziano Ojii-chan) che sfociano nell’appendice finale, le dream confessions, sorta di anteprimainterpretazione del prossimo episodio. Le profetiche parole del vecchio Ojii-chan segnano il definitivo distacco di Paranoia Agent dalla consueta produzione seriale televisiva e, in taluni casi, il definitivo distacco dalla realtà di alcuni spettatori…
Il secondo episodio (The Golden Shoes) ruota attorno a Taira Yuuichi, detto Ichi (gioco di parole con il numero uno), ragazzino perfettino e molto bellino, abile negli sport e negli studi e idolatrato dai compagni di scuola, dai professori e dagli adulti. Ichi è la maschera che tutti vorremmo avere, che tutti dovremmo, purtroppo, indossare. Ichi, anche se delineato in modo più schematico rispetto agli altri protagonisti della serie, è uno dei personaggi esemplari di Paranoia Agent e della poetica di Kon. Il suo rapido sprofondare nella psicosi, sintomo di un’evidente fragilità emotiva e di una povertà di valori, è l’anello di collegamento con le precedenti e successive vittime. Vittime di Shounen Bat. Vittime dell’odierna società. Vittime di se stesse.

Paranoia Agent mantiene pienamente le ottime premesse, forte di un autore di assoluto rilievo e di un cast tecnico/artistico di primissima scelta.

The circle of life – Seconda parte

Sora ni migoto na kinoko no kumo
Komichi de e wo hamu kotori no gogo
Danchi no benchi de sodateta yume
Komorebi no hi ni umareta gogo

Perfetta incarnazione dello sdoppiamento della personalità e della dei nostri giorni è Chouno Harumi, la bella tutor di Ichi, intravista nella seconda puntata e protagonista del successivo episodio (Double Lip), probabilmente uno dei più drammatici e riusciti dell’intera serie. Kon riesce a trattare un argomento scivoloso come la prostituzione senza cedere a facili tentazioni “spettacolari” e, soprattutto, costruisce una breve storia in cui dramma e tensione hanno un crescendo parallelo ed esponenziale, fino all’immancabile “mazzata” finale. Il volto sfigurato di Chouno Harumi, quasi un clown, è spiazzante, agghiacciante, commovente.

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Dopo un altro “sdoppiamento”, le tragicomiche disavventure del ladro mascherato/poliziotto Hirukawa (The Path of Man, il quarto episodio), la serie scarta definitivamente i binari del prevedibile con il quinto episodio, Sacred Warrior, delirante avventura fantasy. Sicuramente un episodio chiave, non solo per le inattese rivelazioni e per le prospettive che si aprono. Sacred Warrior ricorda, per la sovrapposizione ed intersecazione di realtà e finzione, l’accortezza narrativa di Millennium Actress: i detective Ikari e Maniwa vengono lentamente risucchiati all’interno del racconto e delle visioni (mai così tangibili) del giovane Kozuka Makoto, pseudo-Shounen Bat. Il vecchi saggio, la spada magica, il demone Gooma, la torre, la principessa Flyer, la rana parlante… tutto sembra senza significato… tutto assume un preciso significato! Nel delirio si aprono sprazzi d’illuminante verità. Kon prepara lo spettatore, attraverso la conciliante/giocosa/illusoria atmosfera fantasy, al prossimo flusso narrativo, metalinguistico, estetico e grafico. Un potente e prepotente flusso di idee ed immagini, un crescendo di delirante fantasia ed impietosa introspezione psicologica.

Mentre il ruolo della prima vittima, l’apatica designer Sagi Tsukiko, creatrice del pupazzo Maromi, assume sempre maggiore importanza ed i poliziotti Ikari e Maniwa cominciano a perdere contatto con la realtà (Concern Over Direct Hit e MHz, sesto e settimo episodio), la storia di Shounen Bat comincia ad allargarsi a macchia d’olio e ad assumere strani significati. L’ottavo episodio (A Bright Family Plan), nonostante le apparenze, fotografa una dolorosa realtà nipponica (e non solo): Kamome, precoce ragazzina, Zebra, gigante buono, e Fuyubachi, bizzarro vecchietto, si sono conosciuti via internet e si incontrano, per la prima volta, per un suicidio di gruppo (fenomeno recente ma in crescita…). Shounen Bat, per i tre bizzarri personaggi, è una speranza, il mezzo ideale per abbandonare questo inutile mondo. Un rovesciamento totale della prospettiva. Il male come fonte di liberazione. Molto interessante anche il nono episodio, ETC, piccolo compendio di pettegolezzo e leggenda urbana. Dalla storia del “ragazzo con la mazza” si generano mille altre piccole storie, reali o immaginarie, esemplari o assolutamente inutili e demenziali. In ogni caso, delle storie figlie di una psicosi collettiva, di un cancro che divora, persona dopo persona, pezzo dopo pezzo, la nostra società. La pressione e lo stress che logorano e annientano il vicino di casa, il compagno di banco, il collega d’ufficio.

Satoshi Kon, oltre ad aver delineato un crudo e sincero ritratto della nostra schizofrenica società dei disvalori, riesce a sfruttare perfettamente le possibilità espressive offerte dall’animazione: si veda lo stile grafico del summenzionato episodio Sacred Warrior, perfettamente allineato con la produzione animata fantasy, sia per design che per scelta dei colori, o il montaggio alternato delle scorribande del ladro mascherato e del manga in stile Ryôichi Ikegami (Crying Freeman) del quarto episodio. Illuminante il decimo episodio, Drowsing Maromi, in cui veniamo guidati dallo stesso pupazzo Maromi attraverso passaggi e personaggi delle produzioni animate televisive: Kon mescola stilizzazioni manga e animazioni deformed (il piccolo giocatore di baseball con la testa grande e rotonda è spettacolare!) al consueto stile realistico (altra influenza di Otomo). Una vera perla grafica il mondo immaginario, smaccatamente bidimensionale, che si materializza dall’undicesimo episodio (Entry Forbidden). Una soluzione, sia dal punto di vista grafico che narrativo, veramente sorprendente.

Paranoia Agent mantiene pienamente le ottime premesse, forte di un autore di assoluto rilievo e di un cast tecnico/artistico di primissima scelta: da Masashi Ando (On Your Mark, Princess Mononoke, Spirited Away), responsabile del character design, a Rintaro (Metropolis, Capitan Harlock), arruolato per gli storyboard del nono episodio. E, tanto per ricordarlo nuovamente, Susumu Hirasawa, autore della colonna sonora, che si chiude con il pezzo strumentale Shiroi Oka – Maromi no Theme. Una melodia rasserenante, che coccola il sonno dei protagonisti della serie, addormentati uno accanto all’altro. E, in mezzo a questo cerchio di corpi, un Maromi in formato extralarge.

Recensione: quinlan.it

 

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By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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