Titolo originale: No Men Beyond This Point
Nazionalità: Canada
Anno: 2015
Genere: Commedia, Drammatico, Fantascienza
Durata: 80 min.
Regia: Mark Sawers
Tra le proposte più interessanti del Trieste Science+Fiction 2015, No Men Beyond This Point di Mark Sawers è un mockumentary che mette in scena un’ucronia spassosa e sagace, una ricostruzione certosina delle dinamiche sociali e interpersonali che regolano l’universo maschile e femminile.
Mission to Mars
Immaginate un mondo dove, dal 1953, le donne sono in grado di riprodursi senza gli uomini e non partoriscono più figli maschi. Ora, sessant’anni più tardi, questo spassoso mockumentary segue le gesta dell’uomo più giovane del mondo, il trentasettenne Andrew Meyers. Andrew lavora come domestico per una famiglia di sole donne e si ritrova al centro di una battaglia che mira a impedire la scomparsa degli uomini. No Men Beyond This Point pone una semplice domanda: gli uomini si stanno estinguendo, vale la pena salvarli? [catalogo Trieste S+F 2015]
Dall’ottimo No Men Beyond This Point di Mark Sawers al deludente The Sacrament di Ti West il passo non è poi così lungo. In entrambi i mockumentary, ucronico il primo e blandamente orrorifico il secondo, è fondamentale l’aspetto religioso. Ma più degli eclatanti e tragici danni della setta raccontata da West, a funzionare davvero è l’ironia leggiadra ma sagace di Sawers: nel rovesciamento di forza donna-uomo raccontato da No Men Beyond This Point, pur in un ampio ventaglio di miglioramenti sociali, culturali e scientifici, le pastoie della religione tradizionale trovano una sorta di continuità in un nuovo culto naturista. Insomma, la Chiesa e le chiese non spariscono, anche se la componente maschile (e inguaribilmente maschilista) è spazzata via. Una delle tante intuizioni narrative di Sawers, e delle tante contraddizioni interne di questa ucronia al femminile, che costellano No Men Beyond This Point e che ne sottolineano l’accurata scrittura e riscrittura della Storia.
Il mockumentary di Sawers non si getta a capofitto su un antimaschilismo alla lunga stucchevole e nemmeno su una ridondante beatificazione della donna, ma gioca coi luoghi comuni (come il divertente tormentone del cibo o la fulminante gag del ciclo mestruale mondiale sincronizzato), sui limiti e sulle colpe di un mondo declinato al maschile, allargando il discorso alle minoranze, alle disparità tra classi sociali, a una lunga serie di storture e di meccanismi culturali imposti fin dalla nascita.
Sawers utilizza per No Men Beyond This Point filmati e immagini di repertorio, modellandoli a proprio piacimento; architetta una sovrastruttura di interviste e servizi televisivi puntuali e credibili nella messa in scena, nel linguaggio e nella felicissima scelta degli attori; sottolinea il lato dissacrante con delle dramatization esilaranti e capaci di dare il via a un fertile cortocircuito sulla rappresentazione della realtà e della finzione. Ci sono idee e tanto mestiere in questo mockumentary che gioca con un’impostazione didascalica e televisiva ampiamente voluta e cercata: Sawers individua nell’estetica e nelle cadenze narrative del documentario da piccolo schermo il linguaggio più adatto per rendere credibile, anzi reale, uno scenario che probabilmente resterà fantascientifico – di quella fantascienza paradossale e umanissima che spesso brillava proprio nel tubo catodico grazie agli ispirati episodi della serie Ai confini della realtà (1959-64).
Nel passare da sesso forte a sesso inutile, la figura del maschio ex-dominante finisce per sovrapporsi a quella degli stranieri dequalificati ed economicamente sfruttati o degli indiani ghettizzati nelle riserve: questa accortezza narrativa, intrecciata alla storia di Andrew e alla sua parabola sentimentale, consente a Sawers di ampliare il discorso, spingendosi ben oltre il conflitto donna-uomo. No Men Beyond This Point affonda il coltello tra mille sorrisi, ci racconta con un umorismo spesso corrosivo la storia di una società ancora piramidale, solo in piccola parte libera e liberata. E ci dice, tra romanticismo e rassegnazione, che forse c’è ancora posto per gli uomini. Marte può attendere…
Recensione: quinlan.it