PROJECT DREAMS: HOW TO BUILD MAZINGER Z’S HANGAR (SubITA)

Titolo originale: Project Dreams: How to Build Mazinger Z’s Hangar
Paese di produzione: Giappone
Anno: 2020
Durata: 115 min.
Genere: Commedia, Drammatico, Fantastico, Fantascienza
Regia: Tsutomu Hanabusa

Presentato al JFF Plus, il festival online della Japan Foundation, Project Dreams: How to Build ’s Hangar di Tsutomu Hanabusa attinge a un immaginario adolescenziale comune in buona parte del mondo che fu invaso, tra gli anni Settanta e Ottanta, dalle serie di anime giapponesi di genere mecha, i cosiddetti robottoni, per trattare e ironizzare, in una prospettiva da otaku, su alcune caratteristiche della società giapponese: la fedeltà all’azienda, lo spirito di abnegazione e sacrificio per il raggiungimento di un risultato.

Lo chiamavano
La Maeda Construction Company, una società specializzata in opere di ingegneria civile come le dighe, si trova in un momento di stagnazione. Per dare un nuovo impulso un dirigente decide di realizzare l’hangar di Mazinger Z, copiandolo nel minimo dettaglio dalla storica serie di anime. I dipendenti si cimentano nel progetto acquistando progressivamente un nuovo entusiasmo.[sinossi]

Potremmo definire Tsutomu Hanabusa quale un vero e proprio regista otaku, avendo per buona parte della sua filmografia attinto a opere manga. La tendenza è confermata con Project Dreams: How to Build ’s Hangar, presentato ora in streaming al JFF Plus, dove si confronta con un mito comune all’infanzia e adolescenza di molti di noi, le serie anime di genere mecha che raggiunsero anche molti paesi occidentali, acquisendo grande popolarità e diventando un fenomeno di costume. Il film si riferisce a uno di quei classici ovvero a Mazinger (o Mazinga) Z di Go Nagai, primo di una trilogia di serie che fanno parte dell’immaginario dell’epoca e che hanno dato luogo a epigoni sempre più sofisticati e complessi. Già quando fu trasmessa in Italia per la prima volta dalla Rai, la serie appariva alquanto rudimentale, anche perché arrivata dopo i suoi sequel dai titoli italiani de Il Grande Mazinger e UFO Robot Goldrake. Nel film si prospetta che una grande e storica compagnia di ingegneria civile, che ha realizzato infrastrutture di grande utilità, soprattutto dighe, in un momento di crisi decida di costruire, per rilanciarsi, quell’hangar che rappresentava la base di decollo del robottone Mazinger Z, aprendosi dallo svuotamento di una grande vasca d’acqua. La cosa non appare neanche tanto inverosimile perché le realizzazioni in grandezza reale di quei modelli dell’animazione stanno diventando sempre più frequenti. Di recente la notizia della costruzione di un Gundam, nelle dimensioni originali, in grado anche di camminare. Quando il progetto viene discusso inizialmente tra i membri dello staff, una dipendente confonde quella serie con quelle di Gundam, che in realtà appartiene a un filone diverso, quello dei real robot ascrivibili a macchinari bellici in un contesto militaresco, mentre Mazinger Z è un classico super robot, un supereroe che combatte contro un’armata delle tenebre composta da creature malvagie quanto mostruose.

L’operazione di Project Dreams: How to Build ’s Hangar strizza l’occhio a un pubblico ormai di mezza età, il cui immaginario è stato plasmato da quelle serie. Ricorda un po’, in questo senso, l’evocazione nostalgica generazionale di Generazione X (Mallrats) di Kevin Smith. E come i quel film compariva brevemente Stan Lee, qui un ruolo cameo è riservato a Go Nagai, visto mentre va a orinare in un pisciatoio, luogo dove si svolgono altri momenti del film. L’ammiccamento otaku si chiuderà con la comparsa del Supremo Desslok (Sohtoh Desslar) in persona con tanto di pelle blu, ovvero l’antagonista di Star Blazers (Uchū senkan Yamato, “La corazzata spaziale Yamato”) di Leiji Matsumoto, altra serie popolarissima, non mecha, di ambientazione bellica fantascientifica. Per la verità l’attore che interpreta Desslok non è molto somigliante all’originale e, volendo fare le pulci, anche il riferimento, che si fa più volte nel film, ai nemici Mikenes, non appare del tutto corretto. Quei cattivi sono in realtà nel successivo Grande Mazinger, e compaiono solo alla fine della saga di Mazinger Z dando il cambio al suo antagonista principale, il Dottor Hell, altre volte citato comunque nel film.

Vuole la vulgata che i mecha siano gli ultimi discendenti dei samurai. E in effetti alcuni robottoni richiamano certe armature molto decorate soprattutto di epoca Edo. E negli anime permane lo spirito battagliero del popolo nipponico: il professo Kenzo Kabuto, de Il grande Mazinger, che si schianta con la Fortezza della Scienza contro la base nemica, quando tutto sembra perduto, incarna l’eredità dei piloti suicidi della Seconda guerra mondiale. Allo stesso una lettura tradizionale del successo economico e tecnologico del Giappone moderno risiede nel senso di appartenenza e di fedeltà che lega i dipendenti alla propria azienda, retaggio di uno spirito feudale di dedizione al proprio signore o all’imperatore. L’idea di Tsutomu Hanabusa è quella di combinare queste due caratteristiche del popolo giapponese. Project Dreams: How to Build ’s Hangar è una storia di samurai che fecero l’impresa, nello spirito dell’operosità e dell’imprenditoria del Sol Levante, di una tecnologia al servizio dell’uomo che ha lavorato per il bene dei cittadini, garantendo l’approvvigionamento energetico come quello idrico e ora, in una fase di stagnazione, lavorando alla materializzazione dei sogni di gioventù. Il tutto ovviamente anche in chiave ironica.

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Tsutomu Hanabusa segue un nucleo di personaggi uniti da un obiettivo comune, e le dinamiche che si creano, le storie d’amore che rimangono latenti. In questo senso il film si avvicina alle dinamiche narrative del recente The Great Passage di Ishii Yuya sui redattori di un dizionario. La dedizione all’azienda e lo spirito di sacrificio e abnegazione dei protagonisti, che erano in calo, traggono nuova linfa, mutuati dall’eroismo di Koji Kabuto, il pilota di Mazinger Z, del professor Yumi, il direttore del Centro Ricerche per l’Energia Fotoatomica e di tutti i suoi tecnici. Progressivamente lo spirito di Mazinger Z pervade i dipendenti della Maeda, che si sentono investiti dalla di salvare la Terra dalla minaccia del Dottor Hell. La loro impresa è quella di attualizzare, alla luce della conoscenza tecnologica odierna, la fantascienza di Mazinger che, ricordiamo, era molto ingenua e inverosimile, basta pensare ai missili, che nei robot femminili coincidevano con le poppe, sparati a ripetizione dai corpi robotici che non potevano contenerli. Il meccanismo che porta avanti il film si basa sull’impiego di moderne tecniche ingegneristiche e idrauliche per tradurre, alla lettera, le indicazioni della serie, finanche nei tempi perfetti, cronometrati dal cartone animato, dell’uscita dall’hangar e del decollo. A volte contraddittorie in puntate diverse, ma le sequenze fisse, di decolli e trasformazioni dei robot dovevano ben essere rinnovate. Ogni volta un problema da risolvere. A volte scoprendo nuovi dettagli, analizzando ogni minuto di ciascuno dei 92 episodi. Mano a mano i tecnici diventano prigionieri della finzione, fino ad arrivare all’apparizione grottesca del Supremo Desslok, di cui sopra, in persona. In fondo la Maeda ha costruito centrali, dighe, trasformato il territorio per il funzionamento di una società tecnologica molto avanzata. Ora che questo è stato raggiunto, che le infrastrutture sono arrivate a un livello di saturazione, quale altro scopo può avere la società se non garantire la protezione di quegli impianti, come noto facili obiettivi dei kaiju, dei mostri Aniba, della prossima nemica civiltà che verrà dal passato o dallo spazio?

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By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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